È inutile che continui a guardarmi
così. Sappiamo entrambi benissimo come andrà a finire.
Io vincerò e tu ti dovrai rassegnare.
Io sono più forte di te. Anche ora che continui a fissarmi inespressivo.
Cosa vorresti dirmi? Che la mia mente
è vuota?
Sai benissimo che non è così. I miei
pensieri non si lasciano intimorire da te. E te lo ripeto: non continuerò a
fissarti a lungo senza riuscire a dirti niente. Senza riuscire a riempirti
delle mie parole.
Si dice che per scrivere bene bisogna
avere tanto talento. Non è vero. Per scrivere bene bisogna avere qualcosa da
dire, ma anche questa è una condizione necessaria non sufficiente. Per scrivere
bene bisogna avere delle idee. Non è necessario che queste siano chiare, a
volte si chiariscono scrivendo. Una volta ho letto che per scrivere bene
bisogna avere talento e cosa da dire. Non sono d’accordo: a questo mondo c’è
troppa gente che scrive in modo comprensibile per pensare che ci sia così tanto
talento. Io ne sono un esempio: scrivo, qui e adesso, senza idee e senza talento,
eppure lo faccio.
Vedi il problema, il tuo problema, è
che tu non sei un’idea. Sei solo un
niente. Un vuoto. Sei un qualcosa che può essere riempito da chiunque in
qualunque modo, in ogni momento. Sei più fragile di un filo d’erba che almeno
ha qualcosa che lo alimenta.
Tu
non hai idee, io sì. Ed in questo ti sono superiore, come sono superiore
a tutte le mie paure, a tutti i miei lati scomodi, alle mie nevrosi e alle mie
ansie.
Siamo su due piani diversi tu ed io.
Siamo due entità diverse: io sono concreta, e tu astratto. Tu vorresti essere
quello che io non sono.
Lo vedi? Ti sto già battendo. Ti sto
già riempiendo delle mie parole. E tu non hai niente di cui difenderti. Hai
solo il tuo sguardo inutilmente algido. Non riesci neanche a starmi dietro.
Cerchi stupidamente di intimorirmi ingigantendoti e autoalimentandoti, ma non
ce la fai.
Perché, vedi, anche solo fissandoti e
odiandoti, come sto facendo ora, anche solo pensando al fatto che non ho niente
da dirti, né da dire, riesco a ricoprire di parole inutili il tuo spazio. So
che stai vivendo come un’invasione, so che vorresti rimanere candido senza le
mie stupide riflessioni, ma anche questa volta ti trovi a dover soccombere.
A volte è difficile batterti, a volte
invece è semplicissimo, come oggi che sono apparentemente ispirata e allora mi
posso permettere di riempirti con le mie riflessioni come se niente fosse
mentre ascolto Bach e assaporo la mia sigaretta al mentolo in questa sonnolenta
domenica mattina di fine autunno. Invece ci sono giorni in cui le cose non sono
così semplici perché le mie idee si accavallano nella mente e allora mi succede
che anche mettere in sequenza pseudo organica soggetto, predicato e complemento
diventi complicatissimo. A volte mi capita di avere in testa discorsi
bellissimi, parole splendide che si combinano come gli ingredienti del dolce
più buono che si sia mai assaggiato; ma poi, quando mi trovo davanti a te,
orribile foglio bianco, queste vadano a nascondersi negli anfratti più nascosti
del mio io e allora devo scavare, scavare e ancora scavare nel mio animo per
trovarle. Hai idea di che fatica sia? Tutte le volte è come mettersi a nudo di
fronte a un sacco di gente pronta a giudicarti. Tutte le volte devo
destrutturare una parte di me per poi ricostruirla. Sai che a volte fa male? Anche
perché non è che io sia sempre ben disposta a conoscermi. E non sono mai
disponibile a concedermi a chiunque passi di qua. E tutto questo per cosa? Per il
timido, pallido ricordo delle parole che furono: perché tutte le volte, e
ribadisco, tutte, non tornano mai esattamente come le avevo inizialmente
pensate. Il dolce è ancora buono, ma non ha più quel sapore speciale che aveva.
Come quei dolci buonissimi fatti dalla nonna che si sono assaggiati da bambini
e che, poi,quando si è adulti al posto della panna ci mettono il latte e invece
dello zucchero il saccarosio. E si sa che i dolci light non sono mai buoni come
quelli originali.
E non c’è niente da fare: per
quanto io mi sforzi, queste maledette mi
vengono sempre in mente nei momenti meno opportuni, quando proprio non so come
fare a ricordarle. Qualcuno mi ha consigliato di registrarle. Inutile. Quando c’ho
provato il microfono mi ha intimorito e non sono riuscita a spiccicare parola,
oppure, riascoltandomi, la mia terribile voce, ha reso quelle parole meravigliose
insulse. Una volta ho cercato di mandarle a memoria: c’ero quasi riuscita, ero
convinta di aver ricordato tutto, ma poi, tu mi hai svuotato di nuovo la testa.
Una volta un giornalista mi ha detto
che si tratta solo di mestiere, che l’arte del dire qualcosa si apprende
facendo esercizio. Sarà pure vero, ma non è il mio mestiere. Io nella vita
faccio altro. Non sono mica capace di scrivere per vivere, io mi limito a
buttare giù quelle parole che non riesco a tenere dentro di me e a divertirmi
cercando la combinazione che più sento mia. A volte mi incasino con i tempi dei
verbi oppure mi dimentico qualche pezzo, e allora? Io scrivo per scrivere mica
per perdere tempo a imbrattare te. Sai che mi frega.
Comunque, ti faccio notare che ti ho
riempito anche questa volta e anche questa volta non sei riuscito a intimorirmi
fino in fondo. O meglio, forse ci sei riuscito, ma io anche questa volta mi
sono fatta forza e ho riempito il vuoto che sei e che hai cercato di mettermi
in testa. Con circa novecento parole. Anzi novecentocinquantaquattro per la
precisione. Tié!!!
Un sacco di volte faccio dei pensieri intelligenti ma non ho proprio niente con cui annotarli e poi appena posso farlo puff sono spariti nel nulla. Ci deve essere qualcosa di diabolico in tutto questo.
RispondiEliminaEcco, appunto.. in qualche modo ti riempirò maledetta one-shot sul pattinaggio... anche se per ora sei solo un insieme di frasi buttate giù senza filo logico. E per i pensieri che sfuggono concordo.. sono piccoli esserini dotati di corna e coda appuntita che si divertono a sfuggirci da sotto il naso.
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