domenica 20 novembre 2011

Blocco dello scrittore


È inutile che continui a guardarmi così. Sappiamo entrambi benissimo come andrà a finire.
Io vincerò e tu ti dovrai rassegnare. Io sono più forte di te. Anche ora che continui a fissarmi inespressivo.
Cosa vorresti dirmi? Che la mia mente è vuota?
Sai benissimo che non è così. I miei pensieri non si lasciano intimorire da te. E te lo ripeto: non continuerò a fissarti a lungo senza riuscire a dirti niente. Senza riuscire a riempirti delle mie parole.
Si dice che per scrivere bene bisogna avere tanto talento. Non è vero. Per scrivere bene bisogna avere qualcosa da dire, ma anche questa è una condizione necessaria non sufficiente. Per scrivere bene bisogna avere delle idee. Non è necessario che queste siano chiare, a volte si chiariscono scrivendo. Una volta ho letto che per scrivere bene bisogna avere talento e cosa da dire. Non sono d’accordo: a questo mondo c’è troppa gente che scrive in modo comprensibile per pensare che ci sia così tanto talento. Io ne sono un esempio: scrivo, qui e adesso, senza idee e senza talento, eppure lo faccio.
Vedi il problema, il tuo problema, è che tu non sei un’idea. Sei solo un  niente. Un vuoto. Sei un qualcosa che può essere riempito da chiunque in qualunque modo, in ogni momento. Sei più fragile di un filo d’erba che almeno ha qualcosa che lo alimenta.
Tu  non hai idee, io sì. Ed in questo ti sono superiore, come sono superiore a tutte le mie paure, a tutti i miei lati scomodi, alle mie nevrosi e alle mie ansie.
Siamo su due piani diversi tu ed io. Siamo due entità diverse: io sono concreta, e tu astratto. Tu vorresti essere quello che io non sono.
Lo vedi? Ti sto già battendo. Ti sto già riempiendo delle mie parole. E tu non hai niente di cui difenderti. Hai solo il tuo sguardo inutilmente algido. Non riesci neanche a starmi dietro. Cerchi stupidamente di intimorirmi ingigantendoti e autoalimentandoti, ma non ce la fai.
Perché, vedi, anche solo fissandoti e odiandoti, come sto facendo ora, anche solo pensando al fatto che non ho niente da dirti, né da dire, riesco a ricoprire di parole inutili il tuo spazio. So che stai vivendo come un’invasione, so che vorresti rimanere candido senza le mie stupide riflessioni, ma anche questa volta ti trovi a dover soccombere.
A volte è difficile batterti, a volte invece è semplicissimo, come oggi che sono apparentemente ispirata e allora mi posso permettere di riempirti con le mie riflessioni come se niente fosse mentre ascolto Bach e assaporo la mia sigaretta al mentolo in questa sonnolenta domenica mattina di fine autunno. Invece ci sono giorni in cui le cose non sono così semplici perché le mie idee si accavallano nella mente e allora mi succede che anche mettere in sequenza pseudo organica soggetto, predicato e complemento diventi complicatissimo. A volte mi capita di avere in testa discorsi bellissimi, parole splendide che si combinano come gli ingredienti del dolce più buono che si sia mai assaggiato; ma poi, quando mi trovo davanti a te, orribile foglio bianco, queste vadano a nascondersi negli anfratti più nascosti del mio io e allora devo scavare, scavare e ancora scavare nel mio animo per trovarle. Hai idea di che fatica sia? Tutte le volte è come mettersi a nudo di fronte a un sacco di gente pronta a giudicarti. Tutte le volte devo destrutturare una parte di me per poi ricostruirla. Sai che a volte fa male? Anche perché non è che io sia sempre ben disposta a conoscermi. E non sono mai disponibile a concedermi a chiunque passi di qua. E tutto questo per cosa? Per il timido, pallido ricordo delle parole che furono: perché tutte le volte, e ribadisco, tutte, non tornano mai esattamente come le avevo inizialmente pensate. Il dolce è ancora buono, ma non ha più quel sapore speciale che aveva. Come quei dolci buonissimi fatti dalla nonna che si sono assaggiati da bambini e che, poi,quando si è adulti al posto della panna ci mettono il latte e invece dello zucchero il saccarosio. E si sa che i dolci light non sono mai buoni come quelli originali.
E non c’è niente da fare: per quanto  io mi sforzi, queste maledette mi vengono sempre in mente nei momenti meno opportuni, quando proprio non so come fare a ricordarle. Qualcuno mi ha consigliato di registrarle. Inutile. Quando c’ho provato il microfono mi ha intimorito e non sono riuscita a spiccicare parola, oppure, riascoltandomi, la mia terribile voce, ha reso quelle parole meravigliose insulse. Una volta ho cercato di mandarle a memoria: c’ero quasi riuscita, ero convinta di aver ricordato tutto, ma poi, tu mi hai svuotato di nuovo la testa.
Una volta un giornalista mi ha detto che si tratta solo di mestiere, che l’arte del dire qualcosa si apprende facendo esercizio. Sarà pure vero, ma non è il mio mestiere. Io nella vita faccio altro. Non sono mica capace di scrivere per vivere, io mi limito a buttare giù quelle parole che non riesco a tenere dentro di me e a divertirmi cercando la combinazione che più sento mia. A volte mi incasino con i tempi dei verbi oppure mi dimentico qualche pezzo, e allora? Io scrivo per scrivere mica per perdere tempo a imbrattare te. Sai che mi frega.
Comunque, ti faccio notare che ti ho riempito anche questa volta e anche questa volta non sei riuscito a intimorirmi fino in fondo. O meglio, forse ci sei riuscito, ma io anche questa volta mi sono fatta forza e ho riempito il vuoto che sei e che hai cercato di mettermi in testa. Con circa novecento parole. Anzi novecentocinquantaquattro per la precisione. Tié!!!

2 commenti:

  1. Un sacco di volte faccio dei pensieri intelligenti ma non ho proprio niente con cui annotarli e poi appena posso farlo puff sono spariti nel nulla. Ci deve essere qualcosa di diabolico in tutto questo.

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  2. Ecco, appunto.. in qualche modo ti riempirò maledetta one-shot sul pattinaggio... anche se per ora sei solo un insieme di frasi buttate giù senza filo logico. E per i pensieri che sfuggono concordo.. sono piccoli esserini dotati di corna e coda appuntita che si divertono a sfuggirci da sotto il naso.

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