sabato 28 gennaio 2012

La Giornata di QUALE Memoria?


Me lo dico da sola, così facciamo prima: sono una cinica, insensibile, irrispettosa e schifosamente fuori luogo. Se mi sono dimenticata qualcosa scrivetelo in fondo grazie.
Veniamo al motivo che mi procurerà tanta disistima: La Giornata della Memoria.
Dico questo perché, sinceramente io non capisco a cosa serva questa Giornata della Memoria: cioè so benissimo che è una giornata in cui si commemorano le vittime della Shoah, e che il fine ultimo è quello di prendere coscienza affinché quanto avvenuto durante gli anni del nazifascismo non si ripeta, ma sinceramente mi sfugge totalmente, nella pratica, in cosa si compone.
Perché ricordare la Shoah solo il 27 gennaio e per il resto dell’anno fregarsene di quanto ci accade attorno equivale a fare l’elemosina al barbone fuori dalla chiesa il giorno di Natale, salvo poi disprezzarlo e insultarlo per i rimanenti 364 giorni dell’anno.  Ci si pulisce la coscienza un giorno e ci si sente a posto per il resto dell’anno come quando si paga il canone Rai.
Siamo sinceri, se è vero che un 20% dei giovani tedeschi dimostrano un latente antisemitismo, è anche vero che l’esempio vale più di mille parole per fermare ogni forma di razzismo.
E qui sta il punto. Che esempio siamo noi per i giovani? L’esempio peggiore, quello paragonabile ai tedeschi durante l’epoca nazista che, salvo qualche caso, oscillava tra il sostegno al progetto scellerato, l’indifferenza e la pura ignoranza.
Intendiamoci, non ho nulla contro gli ebrei e sono assolutamente schifata dall’Olocausto, ma ci tengo a far presente che ci sono altri popoli che hanno sofferto e soffrono ancora la violenza genocida, ma di questi ce ne ricordiamo solo quando la Farnesina sconsiglia di scegliere casa loro come meta per un viaggio turistico.

Qui mi sta il controsenso e vedo l’ipocrisia della Giornata della Memoria. E soprattutto: qui c’è l’ipocrisia di chi ha proclamato la Giornata della Memoria da un lato e dall’altro si è inventato una “guerra umanitaria” (Sapevate che questa definizione D’Alema la prese in prestito da … Hitler?) per “salvare” il popolo kosovaro sparandogli addosso munizioni all’uranio impoverito.
Alla faccia del salvataggio.
Non me lo sto inventando : la Giornata della Memoria è stata proclamata tramite decreto legge il 20 luglio 2000, la guerra in Kosovo è cominciata nel 1998, la classe dirigente, quindi era sempre quella. E noi, quelli che dobbiamo dare l’esempio, ce lo siamo guardato alla Tv.
Ecco, qui c’è un altro punto a  nostro sfavore nei confronti dei tedeschi del periodo nazista: per noi l’ignoranza non è una giustificazione. Nell’epoca in cui si vive di informazioni reperibili ovunque, la scusa “non lo sapevo”, non regge.

Rinfreschiamoci la Memoria, visto che questo è il suo giorno e che “ognuno è ebreo di qualcuno” (Primo Levi).

  • ·        Il 30 agosto 1999 un referendum ha sancito l’indipendenza di Timor Est dall’Indonesia. Da quel momento, nel paese è cominciata una guerra civile che ha visto contrapposti  separatisti e fedeli all’Indonesia. I Caschi Blu australiani sono entrati nell’isola il 20 settembre 1999. Nel frattempo si sono contati 1400 civili morti e 300.000 rifugiati. Tutto questo in un paese che conta, più o meno, gli stessi abitanti di Napoli e che è stato riconosciuto solo nel 2002. E noi ce lo siamo guardati in TV.
  • ·        Tra il 1993 e il 1994 in Ruanda c’è stato un genocidio da parte della maggioranza Hutu nei confronti di una minoranza Tutsi che, fino a quel momento, era stata la classe elitaria. In poco meno di un anno sono state sterminate 800.000 persone. E noi ce lo siamo guardati in TV.
  • ·        L'11 luglio 1995 Srebrenica è stata occupata dalle truppe serbo-bosniache  che hanno deportato la popolazione e hanno compiuto il massacro di Srebrenica, in cui circa ottomila uomini e ragazzi bosniaci sono stati trucidati. Ciò che ha colpito della strage, oltre alla crudeltà ed alla sistematicità con cui è stata commessa, è che i caschi blu olandesi presenti, nulla hanno potuto per prevenire il massacro, a causa del fatto che le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU fino a quel momento votate, non davano alla Forza mezzi ed autorizzazione per agire. E noi ce lo siamo guardati in TV.

Mi rendo conto che divento noiosa, quindi la smetto con la lezione di storia (ma potrei continuare: il genocidio dei Curdi, le violenze dei Talebani, la prigione di Guantanamo) e passo all’ attualità.

Da diversi anni, in Canada, i Nativi vengono introdotti, sin da bambini, nelle Scuole Residenziali Cattoliche in queste subiscono sistematiche violenze fisiche, abusi sessuali,  elettroshock e sterilizzazioni di massa.  Se avete dubbi, vi pongo il link di un articolo sull’argomento, è uno dei più completi, e non è certo del 1940: http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2010/mese/04/articolo/2568/ . In questo caso non lo stiamo neanche guardando in TV.

L’ultimo è forse il più fastidioso, è quello che fa più male perché è quello che ci mostra come siamo: siamo come i tedeschi negli anni Trenta.
Parlo dei nostri Centri di Identificazione ed Espulsione.
È dal 2003 che questi centri sono sotto accusa da diverse ONG (vi cito solo le due più famose: Amnesty International  e  Medici Senza Frontiere) anche dalla Corte dei Conti. Essendo molto diversi tra loro, sono situazioni diverse e peculiari, ma presentano tutti alcuni problemi: strutture fatiscenti, scarsa attenzione ai livelli di sicurezza, mancata individuazione di livelli minimi delle prestazioni da erogare,  condizioni di sovraffollamento, condizioni igieniche carenti, cibo scadente, mancate forniture di vestiti puliti, biancheria, lenzuola.  
Raramente vengono previste aree separate per gli ex-carcerati e questo determina frequentemente da una parte problemi di convivenza che sorgono tra normali lavoratori irregolari e persone uscite da anni di carcere in cui hanno appreso le regole proprie del paradigma carcerario, dall'altra mette a contatto persone prive di ogni status giuridico e di ogni assistenza a contatto con ambienti che invece possono fornire una possibilità di sopravvivenza.
In questi centri l'assistenza psicologica e psichiatrica è pressoché inesistente: non esistono reparti per categorie vulnerabili. In particolare, molto frequente è l'eccessiva prescrizione di sedativi e tranquillanti. E sono frequentissimi, tra i detenuti, i casi di autolesionismo. Non esistono programmi reali per la prevenzione e la gestione delle epidemie.
Raramente esistono regolamenti interni, e, quando questi ci sono, non vengono quasi mai forniti nella lingua degli stessi detenuti.
I problemi non si fermano qui, ma questa panoramica mi sembra già sufficiente a definirli campi di concentramento.

Qualche anno fa sono andata in visita al campo di Aushwitz. Ricordo le parole della guida dell'epoca davanti al famoso binario: "I prigionieri venivano messi in fila indiana e il medico, in cima alla fila, in dieci secondi decideva della loro vita con un semplice gesto del braccio: a destra venivano messi a morte, a sinistra erano condannati a vivere.". Noi, che siamo molto più umani dei nazisti, ci limitiamo a condannarli a vivere.


Ma sono solo immigrati, mica ebrei in Germania, già perché sia chiaro, esistono minoranze di serie A e minoranze di serie B: adesso che sappiamo come è andata, gli Ebrei hanno il sacrosanto diritto essere riconosciuti, i nostri immigrati ancora no. Noi non siamo razzisti, sono loro ad essere stranieri. Sono loro a non volersi integrare, a voler conservare la loro religione, il loro cibo troppo speziato, la loro musica troppo cantilenante. Noi li tratteremmo benissimo se solo rinunciassero alla loro cultura per adeguarsi alla nostra, che, ovviamente, è molto più evoluta, a parte il dettaglio che dobbiamo loro la nostra Matematica e la nostra Medicina.
Nel dubbio, nel Giorno della Memoria, facciamo come i Tedeschi negli Anni 30: nascondiamo la testa e non parliamo degli argomenti scomodi. Tanto cosa potremmo fare? Porci forse delle domande sul perché, ogni tanto, si ribellano? Magari qualcuno plaude anche al pazzo che, un bel giorno si sveglia ammazza due immigrati che lavorano in un mercato rionale.

Sì, mi sembra il modo più consono per celebrare la Giornata della Memoria: noi, che siamo la maggioranza, ci comportiamo esattamente come faceva la maggioranza del popolo tedesco.
Presto ci sarà la Giornata delle Vittime delle Foibe. Cambiano le vittime, ma non cambia il discorso: ci limitiamo a ricordare senza fare tesoro e senza dare l’esempio ai giovani. Non preoccupiamoci troppo: un giorno potremo vantare altri giorni della memoria, altri fiori, altri eroi, altre indifferenze.


lunedì 16 gennaio 2012

Amo il Mare...


Amo il Mare e credo che le sue creature siano meravigliose, a volte più intelligenti ed evolute di noi.

Amo il Mare e non perché fa figo andare in vacanza nelle isole caraibiche.

Amo il Mare perché Lui sarà sempre più grande di me.


Amo il Mare e so che ha le sue leggi che vanno rispettate quindi non capisco che gusto ci sia a stare stipati in un palazzo di 10 piani galleggiante per dire "ho fatto una vacanza sul mare".

Amo il Mare perché è il solo luogo in cui ho potuto vedere brillare la Via Lattea in tutto il suo dolcissimo splendore.

Amo il Mare e capisco che andare al mare non significa starsene sulla spiaggia con le cuffie nelle orecchie, la crema solare e il giornale di gossip.

Amo il Mare e, quando ci penso, mi appare sempre l'immagine di un vecchio senza denti che ripara silenziosamente le sue reti seduto su un molo.

Amo il Mare e so che se mi immergo sono ospite in un mondo non mio. Un mondo silenzioso in cui perdermi, in cui perdere le mie paure. Perché, come cantava Jovanotti, la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare.

Amo il Mare perché quando riemergo sento sulla pelle quello che mi ha lasciato di Sé

Amo il Mare e in questo momento sento un forte disagio perché so che non l'abbiamo rispettato. Non ci si può avvicinare troppo alla costa.

Amo il Mare perché dentro di lui non ho bisogno di parole.

Amo il Mare ed ho sempre creduto che gli uomini di mare avessero un codice etico più alto del mio. Perché siamo noi terrestri e i topi a scappare dalla nave che affonda, non i Comandanti. Ho scoperto di essermi sempre sbagliata.

Amo il Mare e in queste giornate così fredde da ghiacciare anche l'acqua che non c'è sento un gran desiderio di tornare a immergermi nel suo caldo abbraccio.

Amo il mare e penso a quello scrittore che mi ha lasciato proprio ieri non prima di avermi regalato uno dei miei romanzi gialli preferiti: Enigma in Luogo di Mare.


domenica 8 gennaio 2012

Umore The Day After


Oggi sono di quell’umore particolare che io chiamo “Umore The Day After”, per gli amici UTDA. L’UTDA, per me, è quella particolare malinconia/ansia/nervoso/disillusione che mi prende quando mi trovo in quei giorni per cui un evento atteso è finito, ma la routine deve ancora ricominciare.
Ovviamente in questi giorni l’UTDA è l’umore più diffuso, come sempre alla seconda settimana di gennaio. È quel momento in cui, inevitabilmente, si fanno dei bilanci e dei progetti. Te lo dico subito: i bilanci saranno in rosso e i progetti saranno quelli destinati ad essere il bilancio in rosso dell’anno successivo.
Io credo sia comprensibile, in fondo, proprio come nel famoso film del 1983 da cui mi ispiro per definire il mio umore, siamo tutti reduci dai 15 giorni più devastanti dell’anno. 
Vediamo con ordine: gli ultimi giorni prima di Natale sono un delirio fatto di corse per i regali, chiusure annuali di bilancio aziendale, recite scolastiche e cene con amici e colleghi. Praticamente il procedimento di trasformazione oca da foie gras comincia intorno all’8 dicembre per concludersi un mese dopo, quando, appunto, ci si è trasformati tutti in oche da foie gras.
E questo è niente: per capirlo basta analizzare l’aspetto psicologico delle abbuffate natalizie. In primo luogo bisogna sconfiggere lo stress dovuto da tanti, troppi fattori: hai un’idea di quante calorie si consumino durante quella pratica atletica che potrebbe essere inserito nel novero degli sport olimpici e che va sotto il nome di “corsa ai regali”?
Non so tu, ma  io sono esperta nel raggruppare il 90% dei regali da acquistare nella giornata del 24 dicembre e da questo ne consegue la corsa frenetica per comprarli tutti in pochissimo tempo. Sono sincera: della stragrande maggioranza degli acquisti non ricordo cosa sono o per chi già dal 26 dicembre. A parte le rare eccezioni in cui vedo un particolare oggetto e decido che quello è “la cosa giusta per la persona giusta”(manco si trattasse di una scelta vitale), perlopiù entro in una particolare fase ossessivo-compulsiva da acquisto necessario perché qualcuno abbia il suo pacchetto da scartare.
Finita questa tortura da centro commerciale fatta di gare per la conquista del parcheggio, corse di bighe- carrelli senza esclusione di colpi e lotte per l’ultimo pezzo di formaggio stagionato in confezione natalizia da prendersi con super sconto, infilo la via di casa consapevole del fatto che mi aspetta la Cena delle Cene: la Cena della Vigilia. Quella cena particolare in cui anche se si mangia pesce, perché è Vigilia e non si sa mai, è comunque un’abbuffata pazzesca; del resto devo riprendermi dalla giornata psicologicamente devastante in cui, se sono stata fortunata, ho mangiato un panino.
A questo punto arriva il momento più atteso: quello dello scarto dei regali. Non so perché, ma questo momento è il più atteso da quando si è bambini. Anche quando, ormai si è adulti e i regali sono solo un presente. A volte sono anche desiderati, a volte sono cose che non sapevi di desiderare, ma poi sei felice di averli, altre volte ti chiedi chi può anche solo lontanamente pensare che tu desideri un oggetto del genere. Alla fine c’è sempre un clima di speranza disillusa.
Quando finalmente hai presenziato a questa incombenza puoi andare a dormire …
… Per svegliarti il Giorno di Natale.
Giorno fantastico in cui arrivano quei parenti che vedi solo un giorno all’anno. Siamo sinceri: se li vedi solo una volta all’anno un motivo c’è.
Ora capisci perché in questi giorni si mangia tanto? Facile: intanto perché devi recuperare le energie dallo stress (ma chi lo ha detto che a Natale si è tutti più buoni?) e poi perché, se hai la bocca piena, non puoi rispondere al parente bigotto di turno che sputa sentenze non richieste. È una scelta diplomatica. Si mangia per evitare una delle faide familiari che a Natale sono fuori luogo, per quanto più diffuse di quanto non si creda.
Dal 26 comincia quello che io definisco “la settimana del <<e a Capodanno cosa fai?>>” perché chiunque tu incontri ti fa sempre la solita domanda. Tra un aperitivo e una cena con gli amici che non sei riuscito a incontrare prima del Grande Giorno, ecco che rispondi sempre alla solita domanda “e a capodanno cosa fai?”. Di solito io decido cosa fare a capodanno il 30 dicembre. Chiedermelo prima è assolutamente inutile. Una di queste volte risponderò “conto di andare a liberare abusivamente i pinguini dallo zoo di Pistoia”.
Contemporaneamente, oltre a dover finire gli avanzi pantagruelici del giorno di Natale e della Vigilia ben rimpolpati perché non si può rischiare di deperire tutto in un colpo, si entra nella fase “biscotti”, se sono fortunata me la cavo con 14 uova, considerato che 2 uova si calcolano per 4 persone fai pure i conti sul reggimento che si nutre della mia opera. E sul tempo che mi porta via. Per fortuna: ormai sono così tanto istituzionalizzata che se mi trovo ad avere 24 ore libere ne occupo 23 a non fare assolutamente niente inebetita dal fatto che non sono costretta a incastrare i nanosecondi.  È una questione di abitudine: io non sono abituata ad avere tempo libero in quantità illimitata o in orari che non siano ben oltre al fascia protetta televisiva.
Nel frattempo passa anche l’Ultimo dell’Anno. Quella serata particolare in cui ci si aspetta sempre che sia memorabile e, invece, si risolve come una delle tante piacevoli serate che vivi durante l’anno. Io ricordo un paio di capodanni abbastanza diversi dal solito, qualcuno sufficientemente trasgressivo, ma solo uno “memorabile” in vita mia e per i motivi peggiori. Alla fine, di solito, si trascorre una bella serata, ma siccome ci si aspetta qualcosa di speciale, alla fine si è delusi per forza. Ovviamente, anche in questa circostanza, ci si riempie come la valigia di una modella in vacanza. E per il motivo di cui sopra: se hai la bocca piena non puoi rispondere all’amicodiunamico che si sente un essere superiore. Quelli che non sono astemi, di solito bevono, e secondo me per lo stesso motivo, finendo bevuti come un barracuda in un fiume. Anche in questo caso si sta parlando di diplomazia.
E finalmente arriva l’Epifania -che tutte le feste si porta via, per fortuna!
Il bilancio è sempre abbastanza deludente. Soprattutto adesso che sto aspettando la fine delle vacanze. Ma perché? Cosa mi aspettavo di fare? Cosa desideravo fare? O meglio: in quale grande avventura speravo?
Alla fine non è successo nulla di diverso dagli altri anni. Anche i progetti sono gli stessi dell’anno scorso, con la differenza che stavolta mi fanno quasi paura. Quindi posso immaginare facilmente quali saranno i bilanci in rosso dell’anno prossimo. E neanche l’umore odierno è molto diverso dagli altri anni. Sono in UTDA, appunto. Chissà, magari è pure chic.

domenica 1 gennaio 2012

Buon comple_anno!!!

Non avrei mai pensato di arrivare a questo traguardo, eppure oggi il mio blog compie un anno.
Alla fine vi ho tediato con 55 post, lo confesso solo 51 sono miei, e mi avete seguito in circa 2600 persone... cavolo: solo i numeri mi spaventano. La frazione in cui abito conta meno di un sesto degli abitanti. 
In questo anno ho vissuto un sacco di esperienze da scrittrice e "da blogger" eccezionali: mai avrei pensato in vita mia di essere in grado di esprimere certi sentimenti a così tante persone, ma sopratutto, mai avrei pensato che a così tante persone potessero interessare i miei pensieri!
Non potete neanche immaginare quanto queste righe mi abbiano aiutato in questo anno.
Per me scrivere certe cose significa mettersi a nudo, ma riuscire a superare questa inibizione credo che mi abbia aiutato a crescere come persona. Ho scoperto che cercare sempre il vocabolo giusto, anche quando non è poi tanto giusto, mi aiuta a riflettere sul vero significato e sull'importanza di certe cose. Ho scoperto che non è vero che conta solo la sostanza, perché anche la forma, esprime la sostanza.
Molte volte ho scavato letteralmente dentro di me per trovare prima le parole giuste per esprimermi e poi il coraggio per pubblicare quello che mi diceva il cuore. Ho lasciato cadere una maschera ed ho scoperto una nuova libertà. Un nuovo coraggio.
Intanto, dall'altra parte dello schermo, c'eravate Voi, i miei lettori. Voi che mi avete suggerito argomenti, voi che mi avete corretto, voi che avete commentato, spesso privatamente, a dimostrazione che avete intuito il carattere intimo che il mio blog spesso ha. 
Un anno che è sopratutto vostro, perché il regalo me lo avete fatto Voi durante questo anno. Mi avete regalato il coraggio di mettermi in gioco lasciando che i miei scritti uscissero dalla memoria del mio pc per essere letti e giudicati anche da altri. Pensate che ho anche partecipato a un concorso, lasciando che un mio romanzo fosse letto da dei perfetti sconosciuti. Una cosa impensabile fino ad un anno fa. Il romanzo che sto scrivendo adesso, sta crescendo grazie alla collaborazione di alcuni amici. Fino ad un anno fa nessuno lo avrebbe mai potuto leggere.
Intanto, senza anticiparvi troppo, vi dico che sto lavorando ad un nuovo piccolo progetto con un caro amico, se ci riusciremo sarà un nuovo gioco che spero vi diverta.
Vi dedico di cuore solo una parola che sento sempre profondamente mia e che è una delle mie preferite: GRAZIE.
Vi auguro un meraviglioso 2012 e, citando una dedica ricevuta tempo fa: che il giorno più brutto del vostro domani sia sempre più bello del giorno più bello del vostro ieri.