domenica 6 aprile 2014

Noi siamo quelli che ...


In questi giorni mi sto rituffando negli anni della mia maturità, così rivedo un po' la mia generazione. Ripesco dall'album dei ricordi e scopro a quante cose sono cambiate senza che me ne accorgessi.
Ecco, noi siamo quelli che:

- usavamo la K solo per okkupare la scuola, mai ci saremmo sognati di scriverlo da qualche altra parte Sì, insomma, ci siamo capiti: per noi, al massimo, c'era un T.V.T.B. Il T.N.S.V.N.K.E.O.R. non sapevamo neanche cosa volesse dire (e non lo sappiamo neanche adesso).
- non abbiamo solo perso il mondiale di calcio in America, ma abbiamo vinto quello di pallavolo in Grecia. Giusto così, per ricordarlo.
- Kurt Cobain, che poi ci hanno detto cantasse la nostra generazione, ci ha lasciato non appena siamo diventati maggiorenni
- Ayrton Senna era un campione, non un mito della Formula 1 e Michael Schumacher un giovane pilota di belle speranze, non un campione.
- quando non sapevamo cosa dire, nel dubbio avevamo sempre un "cioè che storia!" pronto in tasca. E comunque eravamo tutti una "storia fantastica" a prescindere.
- da grandi avremmo voluto fare un sacco di cose, sicuramente non i precari a vita. Forse avremmo dovuto inkazzarci di più, ma ci avevano detto che la Prima Repubblica era stato un disastro, che, per fortuna, Mani Pulite aveva risolto tutto e che nella Seconda Repubblica le cose sarebbero state migliori.
- Nelson Mandela era il presidente del Sud Africa, non un "negro con i capelli bianchi" (cit) di cui riportare gli aforismi su Twitter.
- le cose importanti andavano scritte sulla Smemo, perché il telefonino era una cosa da lasciare ai super ricchi dirigenti d'azienda. Quegli stessi dirigenti che, oggi, sono ancora lì e che non usano più il telefonino perché tanto hanno sempre uno stagista non pagato che lo usa al posto loro.
- le nostre Colonne d'Ercole erano la scuola, gli amici e la famiglia. Cosa fosse il cyberspazio lo sapevamo dal cinema e non dovevamo temere che i fatti nostri (o meglio "cioè, le nostre storie") non andavano oltre una ristretta cerchia di persone. Nessuno a Timbuctù avrebbe mai visto una nostra foto da ubriachi semplicemente facendo click. 
- Nel dubbio, c'era sempre un posto di ritrovo a cui approdare e lì avresti trovato qualche amico o conoscente. Il sabato sera ti ritrovavi con tutti gli amici e passavi metà della nottata a decidere cosa fare, perché non c'era un gruppo virtuale su Whatsapp con cui mettersi d'accordo prima.

Eravamo così, ci piaceva perdere tempo. Ne perdevamo in quantità e lo ritrovavamo sempre.