domenica 3 marzo 2013

A ruota libera (parole a caso)



Io sono un tipo strano. Sono fatta di emozioni che non riesco a descrivere, che non riesco neanche a focalizzare. Che dubito di saper trasmettere. Sono fatta di paure che non hanno un nome e che non sono mai rivolte al presente, ma sempre al futuro.
E poi sono anche di metabolismo lento. Per le emozioni vissute in passato intendo. Mi accorgo della loro importanza sempre a posteriori.
Come mi sta succedendo adesso.
È già passata una settimana, eppure, quando chiudo gli occhi, avverto ancora alcune immagini di quel fine settimana, di quei piccoli giorni di vacanza rubati alla mia routine. I musei, il teatro, il viaggio il treno, le lunghe passeggiate sotto una neve benevola intenta a non bagnarmi, il rientro sotto una neve cattiva che ha colmato le strade e i campi per più di un metro.
No, non posso parlare ancora delle mie scorribande milanesi. Non posso tediarvi ancora per la mille millesima volta con le mie emozioni su questo. Anche se vorrei, non crediate. Vorrei potervi ancora riportare su quel palcoscenico, ma non sarebbe giusto. Non so perché, ma sento che non sarebbe giusto.
Lo so che non si dovrebbe vivere di ricordi e di malinconie, so che non dovrei vivere nel passato. Ma a volte il passato è bello, è emozionante, è rassicurante. E allora mi piace lasciare che mi avvolga. Chiudo gli occhi e torno indietro nel tempo. Anche in quel passato che non ho vissuto.
A volte il passato è quello che mi dà la forza per pensare a un futuro. Non faccio parte di quella categoria di persone che pensa che “una volta era tutta un’altra cosa, e si stava meglio quando si stava peggio”, ma, visto che tanto il passato non lo posso modificare, allora mi piace sognarlo diverso, fare il gioco dello Sliding Doors. E immaginarmi il conseguente presente.
Il vecchio gioco del “e se le cose fossero andate così?”
Che poi, rimanendo onesta con me stessa, so benissimo che le cose sono andate come sarebbero dovute andare per il semplice fatto che non avrei mai avuto il coraggio per certe scelte, per mettermi in gioco in determinati contesti.
Penso al passato in questi termini, e cerco una nuova risoluzione per il futuro, per trovare la forza cambiare il mio approccio verso certe cose. Che poi sono sempre quelle, ma non credo di essere in grado di affrontarle tutte in una volta e allora devo decidere da quale cominciare. Con il risultato che non comincio da nessuna.
Forse perché, tutte le volte che ci ho provato, ho sempre sofferto moltissimo. Una volta qualcuno mi ha detto che “sono una persona sensibile”, io non sopporto le persone “sensibili”: in genere non si rendono conto della sofferenza di chi sta loro accanto, ma si offendono per un nonnulla; credo fermamente che il termine giusto sia “permaloso” per quelli come me. Ecco: io sono permalosa. Molto permalosa.
E poi ci sono le mie paure; ultimamente faccio spesso dei sogni che si assomigliano e che si possono schematizzare in due concetti di base: la paura di essere abbandonata e quella di lasciare che la vita scorra negli altri mentre io sono costretta ad una specie di standby. Paure affascinanti se si considera che sono sola e che non ho certo una vita sociale da urlo.
A volte ho la sensazione di vivere una vita che non è mia. Come se tutto questo avesse un senso: perché, se questa vita non è mia, allora di chi è? Perché un padrone ce la dovrà pur avere no? Che senso ha una vita priva di un padrone?
Ma perché scrivo tutto questo? Perché dico così, pubblicamente, cose così intime? Non lo so, forse, perché spero che, esternandole, svaniscano come la neve a primavera? Oppure perché spero che qualcuno risolva i miei problemi per me?
Magari è proprio questo il primo passo per trovare il coraggio ed affrontare quella vita che troppo spesso guardo dalla finestra? Oppure è un mero esercizio mentale per giustificare me stessa e la mia inettitudine.
Non lo so, non ho risposte. Solo domande. Un giorno, chissà, forse saranno anche risposte.
Forse non sono neppure domande precise, solo dubbi, solo piccole perplessità di una vita che non è neanche troppo complicata.
Intanto lascio queste parole in libertà, senza un senso, senza un capo né una coda. E, tanto per essere coerente, senza un finale chiaro.


2 commenti:

  1. Le tue parole, le riflessioni sulla valenza dei ricordi, sul come a volte è più d'un esercizio di stile giocarci, modificarli, renderli più affini ai nostri desideri e aspirazioni. Questo mi ha colpito molto, perché l'ho provato anch'io mesi fa e non riuscivo proprio a convincermi se fosse giusto, se mi facesse bene rovistare in quel museo delle cere. Alla fine sono giunto alla conclusione che mi occorreva avere nuovi stimoli, e sentirli stridere con forza, senza mezzi termini, arroganti, sulla pelle. Plasmare le molecole, temprarmi, affinché potessi abbracciare un futuro diverso, forte di un atteggiamento più sicuro, cadenzato, coerente alle mie attitudini, finalizzato a sublimare le aspettative ormai nitide e ineludibili.
    Sul passaggio in cui ti soffermi sulla sensibilità come difetto; personalmente non mi trovo d'accordo poiché io invece penso che un animo “senziente”, in simbiosi con il corpo è in contrasto perenne con le "accidie" della mente, ovvero è acceso empatico simbiotico, ascolta quindi sempre tutti i sentimenti degli altri, delle persone più o meno importanti che fanno parte del suo mondo. Però in virtù di tale suprema potenzialità è costretto sovente a soccombere: cognitivamente, rifugiandosi appunto in quegli pseudo-difetti quali fra tutti l'ostentata suscettibilità. Anch'io mi sento e sono fin troppo spesso permaloso, sin anche nei piccoli gesti di ogni giorno. Perché essenzialmente fa parte della mia natura, e sono arrivato al punto di non poterla ammutolire. Ne va del mio benessere, sia fisico e interiore. Non che prima fingessi o millantassi più di quanto la società ci abbia inculcato dall'adolescenza.
    Ora più semplicemente sono stanco e sento che è arrivato il momento di prender parte attiva al mio presente, guidarlo, essere irreprensibile soverchiando l'indulgenza verso tutte quelle situazioni che - in passato - mi vedevano per certi versi passeggero clandestino non pagante. E il cambiamento mi ha fatto ricredere, tutt'a un tratto l'ho vista rinascere, la voglia: vivere, che è alzare la mano, rispondere presente, avere una luce calorosa e accogliente negli occhi, tutte volte che le braccia e gli arti fanno un gesto ancor prima di compierlo. Può darsi anche che stia deragliando verso binari eccessivamente personali, eppure non trovo imbarazzo a leggere in quel tuo “primo passo” - ormai prossimo - l'esigenza di una voce, del coraggio, di una potenzialità ancora inespressa ma sfacciatamente vivida e presente, celata troppo a lungo sotto strati di neve assuefatti alla noia, colma di inagibili lenitive insicurezze, ormai sciolte, al culmine, sulla soglia, smascherate per sempre.
    Con la stessa assordante coerenza di un lamento neanche troppo complicato, il tuo futuro a me appare nitido, in procinto di eludere i dubbi. L'esistenza è un dono prezioso e tanto più è bene viverla per ciò che è in sé. La natura fa sempre il suo corso, e sebbene l'attimo è foriero a volte d'effimeri inganni; quanto più siamo audaci, tanto più le emozioni hanno voce, il metabolismo riemerge, facendoci gioire d'ogni giorno, per ogni lacrima carezza o sussulto. Inizia il tempo del presente, per noi che sentiamo, dobbiamo, vogliamo esserne protagonisti.

    Post Scriptum: Ti auguro tu possa evincere solo il meglio dal mio puntiglioso frastuono, per certi versi è stato sempre un cruccio avvertire il richiamo, libero dai riflessi condizionati dalla coscienza. Il mio “compito” è disciplinarla, redimerla nell'immediatezza e ancorché fisiologico; da qualche tempo riesco solo a farmi odiare o, ambire. Fraintendere fa solo parte del passato: fioche comparse primeggiano di luce plumbea, letargiche; sul palcoscenico prima d'ogni applauso e inchino c'è bisogno dei protagonisti e, che attraversino la soglia.
    L'ingresso è ampio e non è più il tempo per fingere di non vederlo.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti ringrazio per le tue belle parole.
      Io ho capito che ogni singolo minuto rappresenta un nuovo inizio. E che non sempre ci si accorge della strada intrapresa fino a quando questa non presenta delle curve e delle salite: le scorciatoie non esistono, oppure sono solo sentieri più impervi.

      Elimina