martedì 29 maggio 2012

Terremoto in Emilia


Da emiliana, anche se non abito nella zona colpita dal sisma, mi sento anch'io parte della gente della Bassa che in questi giorni soffre tanto.
Non voglio scrivere troppo su questo terremoto, sapete bene quando odio certe forme retoriche e poi non sono capace di esprimere sentimenti quando questi sono troppo profondi.
In questi giorni ho sentito alcuni giornalisti dire che "questa cultura è stata spazzata via" o che "della povera Emilia ormai restano solo le macerie".
È a questi pseudo-informatori che vorrei replicare: la nostra è una cultura millenaria, sopravvissuta alle guerre, alle alluvioni, agli attacchi terroristici, e non sarà un terremoto a distruggerci. Perché, se esiste qualcosa di più duro del diamante, quella è proprio la volontà emiliana di rimettersi in gioco e di ricominciare. E poi, noi siamo una comunità vera di quelle che nascono prima di essere istituzionalizzate.
Prima intervistavano una signora di un paese duramente colpito che avrebbe dovuto inaugurare un negozio nuovo tra tre settimane proprio nella zona rossa del suo paese. Non ha versato una lacrima, non ha fatto alcuna scenata, si è limitata a dire: "eh, certo, adesso c'è un bel po' da fare: io devo inaugurare il negozio tra tre settimane, ho preso un impegno, mica posso annullare tutto. Qualcosa mi devo inventare..." Quando prendiamo un impegno non esiste terremoto che può farci desistere.
Noi siamo fatti così, abbiamo la testa dura e un orgoglio quasi feroce: chiedete al papato, gli abbiamo costruito una chiesa rivolta dal lato opposto rispetto a San Pietro solo per fargli dispetto, e, in quella chiesa, ci abbiamo pure dipinto Maometto che brucia all'inferno.
Siamo fatti così: piegati e spezzati, forse, dominati mai. Non c'è mai riuscito nessuno. Non ci riusciranno  le parole stupide di un cronista che deve riempire un tempo predeterminato. Non ci riuscirà neppure questo terremoto.


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