giovedì 20 ottobre 2011

Un'incazzata tra gli indignati (dedicato a KT)


Tutti siamo a conoscenza degli scontri che ci sono stati a Roma sabato durante la manifestazione del movimento detto degli Indignati. Una manifestazione che aveva carattere mondiale e che, però, solo qui in Italia ha creato così tanti disordini. Cosa curiosa se si pensa anche al posto in cui tutto questo è avvenuto: Roma non è esattamente una città scarsamente avvezza a grandi raduni. Io non ero a manifestare, nonostante penso sia evidente da quello che scrivo il mio condividere le ragioni della protesta, ma ho assisto a tutto il casino di Piazza San Giovanni guardandolo in tv. Ed anche in questi giorni ho  cercato di documentarmi guardando e leggendo tutto quello che sono riuscita a trovare su questi fatti. Tutto questo al fine di trovare una risposta alla domanda che da sabato mi assillava: PERCHÉ?
Ci tengo a precisare che quanto sto per esporre sono solo le mie considerazioni del tutto personali e che non ho alcuna prova a supporto di quanto dico, a parte i video circolati anche in tv e la mia fantasia.
Intanto vorrei partire dalla definizione di Black Bloc e, per far questo, vi faccio porre l’attenzione sulla loro preparazione paramilitare. Al di là della loro incredibile capacità di infiltrarsi all’interno dei cortei pacifici, avete notato la loro abilità nel fare il casino più importante là dove c’è la maggior copertura televisiva? Nel caso di sabato, non è stata la televisione (via satellite per altro così che ci vedesse il mondo intero, sai mai che riuscissimo ad evitare una figura di …) a correre verso i disordini, sono stati i disordini ad accadere in Piazza San Giovanni, dove questa si era già istallata. Naturalmente non hanno cominciato in piazza, no, ma sono (o si sono) fatti convogliare in piazza. Per riuscire a fare questo non basta essere un cretino esaltato, no, è necessario essere preparati, organizzati e guidati: in parole povere, bisogna essere una sorta di piccola squadriglia militare. Lo hanno detto anche loro: si sono preparati in Grecia.
Ora, il quesito che mi pongo, e che immagino si faccia un sacco di gente, è il seguente: come hanno potuto questi mantenersi e provvedere a sé stessi mentre imparavano a fare i vandali urbani? Possibile che questa gente, che dichiara apertamente di fare il manifestante di professione, venga solo mantenuta dalle famiglie?
Sinceramente non ci credo. Secondo me, e ripeto secondo me, hanno ben altre entrate. E intendo dire che c’è qualcuno che li paga per fare il casino che fanno. Che sia Roma, Atene o Genova.
Fateci caso: molti di loro neanche erano italiani, e allora perché non hanno espresso la propria indignazione nei loro paesi?
Pensandoci bene, credo che i manifestanti si possano sostanzialmente dividere in tre gruppi: quelli pacifici, quelli che sono lì apposta per fare danni e le “teste calde” che si fanno coinvolgere dal primo o dal secondo gruppo a seconda della situazione (in genere il secondo gruppo è quello che coinvolge più facilmente).
Allora ecco che si ritorna alla mia prima domanda: PERCHÉ?
Insomma, possibile che questa gente si sia svegliata ed abbia deciso, così senza un vero motivo apparente, di venire proprio a Roma? Io, che sono una pazza visionaria paranoica ed anche un po’ cospirazionista, non riesco a non pensare che qualcuno li abbia chiamati e che loro si siano, sì alzati una mattina ed abbiano deciso di venire a fare casino a Roma, ma solo dopo pagamento. Dai, voglio essere complottista fino in fondo: questi sono dei mercenari.
A questo punto la domanda PERCHÉ? assume un senso abbastanza chiaro.
Quando sono arrivati in piazza e lì sono stati messi nella condizione di dare il meglio (o peggio a seconda dei gusti) di sé hanno dato vita a scene abbastanza grottesche, facendo anche fare la figura degli incompetenti alle forze dell’ordine. Scusate, ma vi sembra possibile che un branco di ragazzetti siano meglio preparati delle forze dell’ordine? In diretta ho visto la famosa scena del blindato dato alle fiamme. Avete notato che i carabinieri sono riusciti a uscire dalla camionetta e sono fuggiti praticamente indisturbati? Ho sentito una mia conoscente dire “eh, mica ci si scaglia contro un collega”. Come dire che gli esagitati fossero in realtà dei membri delle forze dell’ordine infiltrati. Io questo non lo so, però ho notato una stranezza. Possibile che due poveretti di carabinieri, in fuga da un blindato in fiamme, non vengono attaccati da duecento ragazzi? Faccio fatica a credere che nessuno abbia dato un ordine ben preciso (quello giusto per mia fortuna perché quei due carabinieri adesso sono dalle loro famiglie).
Dopo i disordini si sono scatenate le reazioni della politica. Ed ecco che ho cercato ancora la risposta alla mia solita domanda PERCHÉ?
Naturalmente gli schieramenti parlamentari hanno cominciato a incolparsi vicendevolmente per quanto accaduto. Ma non sono le stronzate di parlamentari a interessarmi. Quello che mi ha incuriosito sono state le reazioni pratiche.
Dal lunedì sono partite le retate dentro ai centri sociali e nei covi degli anarchici (ma quanti sono esattamente gli anarchici? Qualcuno si è mai preso la briga di sapere quanti sono?). Dal lunedì, perché ovviamente la domenica questi bravi ragazzi avevano di meglio da fare: dovevano andare allo stadio. C’è da dire che non era una partita di interesse particolare, era solo un derby, quindi perché mai aspettarsi dei disordini? E, stranamente, non c’è stato alcun problema …  Questo per dire, citando nuovamente quella mia conoscente “che i veri capi mica si devono cercare lì, i veri capi sono molto più vicini  …”
Intanto l’estrema sinistra si è subito messa a parlare di poliziotti-drughi. Io non sono d’accordo: il poliziotto-drugo non è quello che si trova in mezzo al casino, bardato come un cavaliere medievale, a lottare contro un branco di esagitati e la paura, no, il poliziotto-drugo è quello che sfodera la sua violenza quando può farlo in condizioni indisturbate, quando può agire senza rischi per se stesso. Il poliziotto-drugo è quello che uccide un Federico Aldrovandi per intenderci.
Di solito, di fronte a manifestazioni di piazza violente, il primo risultato che si ottiene visibile, è che la manifestazione stessa viene messa in cattiva luce. Secondo la teoria per cui fa più rumore un albero che cade che una finestra che nasce, va da sé, che i disturbatori fanno comodo a chi vuole discreditare un intero movimento molto più articolato e complesso. Se poi le cose degenerano fino al “morto” ancora meglio: i manifestanti pacifici la volta seguente ci penseranno almeno due o tre volte prima di scendere in piazza, spaventati da quattro idioti.
Questa volta, però, le cose non sono andate così, perché i manifestanti, quelli veri, si sono schierati a fianco delle forze dell’ordine. L’operazione non poteva riuscire, del resto era prevedibile: c’erano troppe piazze coinvolte.
Ed ecco che tornava la mia prima domanda: PERCHÉ?
Me lo sono chiesto fino a lunedì. Lunedì il Ministro Maroni e il sindaco Alemanno hanno risposto a questa domanda. Ecco a voi le misure che saranno adottate, con il plauso di alcuni parlamentari di sinistra: arresto in flagranza differita, daspo anche per i cortei, uno specifico reato associativo per chi esercita violenza aggravata nelle manifestazioni e maggiori tutele giuridiche per gli operatori di polizia, sospensione di ogni corteo per un mese a Roma. Nella pratica: più difficoltà di difesa in sede di indagine, pagamento per i cortei, un nuovo reato (stranamente ancora non si parla del reato di tortura), maggiore impunità per i poliziotti (c’è da dire che chi si comporta correttamente non ne ha bisogno, ma aiuterà molto i poliziotti-drughi), ed infine: limitazione del diritto di manifestare.
Leggendo queste disposizioni mi è venuta in mente una frase tratta dal film “Star Wars III”: è così che muore la libertà: sotto scroscianti applausi.
Lo vedete anche voi il perché: queste sono prove tecniche di regime. E forse neanche tanto prove.
Ma se è vero che fa più rumore un albero che cade rispetto a una foresta che nasce è anche vero che noi respiriamo grazie alla foresta. Queste prove tecniche non funzioneranno, non ci sperino.


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