martedì 8 marzo 2011

Tanti auguri donne

Qualche settimana fa ho trovato questo articolo di cui vi posto il link:

http://informarexresistere.fr/monsignor-bertoldo-le-donne-inducono-in-tentazione-i-loro-stupratori-e-fanno-piu-vittime-dei-preti-pedofili.html

Spero seriamente che le frasi qui riportate siano del tutto decontestualizzate perché, se così non fosse, troverei questo discorso singolarmente preoccupante. Pertanto mi appresto a commentare solo le frasi senza giudicare né chi le ha dette né l'istituzione che rappresenta. Sinceramente: messe così mostrano un'ignoranza e una pochezza morale che mal combaciano con la persona a cui vengono attribuite vista, soprattutto, la "divisa" che indossa.

Il primo errore che leggo, è il pensare che lo stupro si un atto sessuale provocato dall'avvenenza di una donna. Sbagliato. Lo stupro è un atto di prevaricazione: anche negli animali, ad esempio, il capobranco ha rapporti sessuali con gli altri membri del clan ed in questo non c'è nulla che non sia identificabile con un "io sono il tuo signore e padrone e faccio di te ciò che più mi aggrada". Se in natura questo genere di atto, il cui scopo è la sottomissione, non viene considerato esattamente stupro perché è previsto dal contesto sociale, l’uomo che stupra una donna si abbassa soltanto al livello dell’animale e non riesce a vedere la donna come un suo pari, ma cerca di soltanto di sottometterla.

Pensare alla bella fanciulla che in vestiti succinti si aggira con movenze provocanti nel cuore della notte, magari sperando nell'intimo proprio in quel genere d'incontro, è una cosa che ha più attinenza con i racconti porno che con la realtà.

La realtà è un'altra.

La realtà, nella stragrande maggioranza dei casi, è che, se sei una donna che subisce violenza, questa la subisci proprio dalla persona a cui tieni di più al mondo. Perché la violenza te la tieni in casa e in genere sotto forma di un fidanzato, oppure un marito o magari un padre o fratello. Non lo dico io: lo dicono le statistiche di tutti i paesi in cui queste vengono fatte.

E qui leggo il secondo errore, il più grave, quello che fa più male: se sei una donna che ha subito violenza, l'ultima cosa di cui hai bisogno è di un bel senso di colpa. Perché di sensi di colpa ci vivi. Perché la violenza è in primo luogo sempre psicologica, poi può diventare fisica o sessuale, ma è sempre la psiche quella che riporta le ferite più profonde, non sono mai i danni sul corpo. E durante il rapporto malato è SEMPRE colpa tua per qualcosa: perché non sei all'altezza, perché non sei abbastanza intelligente, perché non sei abbastanza bella, perché ti ostini a pensare con la tua testa, perché non fai mai abbastanza, in poche parole: perché non sei una macchina perfetta. E questa mancanza è sempre tua. La vergogna che provi, che va a braccetto con il senso di colpa, ti portano ad auto convincerti che è giusto così e che chi ti sta facendo del male in realtà lo fa per amore. Perché chi ti sta facendo del male è, ai tuoi occhi, una persona meravigliosa che riesce, nonostante i tuoi difetti, a rimanerti accanto e, nella sua immensa bontà e dolcezza, a cercare di correggerti. E tu esisti solo e soltanto in funzione sua: vivi della sua luce riflessa ed hai il terrore di perdere il suo affetto. Perché sai che se non è lui, nessun altro potrà mai volerti bene imperfetta come sei. In questa situazione tutto è una tua responsabilità e arrivi a nasconderti: non nascondi le ferite perché pensi "chissà cosa potrebbe dire la gente", non è quello il tuo problema, ma perché quelle ferite, quel tuo malessere, altro non sono che l'evidenza della tua mancanza, delle tue colpe. E allora nascondi tutto come se la tua esistenza fosse il tuo peggior crimine. La tua grande colpa appunto.

E se sei così fortunata da uscire da questo rapporto senza finire nelle pagine di cronaca nera, ecco che il senso di colpa ti rimane. Perché sei stata così cretina da caderci, perché non ti sei accorta in tempo di quanto stava accadendo, perché hai lasciato che la tua vita andasse in pezzi ed ora ti ritrovi a raccoglierne i cocci e solo vivendolo puoi capire quanto sono piccoli e quanti frammenti hai perso. E i tuoi cari, intanto, vivono il senso di colpa per non averti protetto come avrebbero dovuto senza accettare il fatto che non potevano perché la prima a nascondere la verità eri proprio tu.

Se sei ancor più fortunata un giorno riesci a vincere il senso di colpa e a convincerti che la responsabilità è di chi ti ha fatto questo allora puoi dire di aver fatto una gran parte del percorso, non è ancora finita, ma sei a un buon punto. Non ti illudere che qualche mese basti: nella migliore delle ipotesi ci vogliono diversi anni. E non è un percorso graduale: avrà alti (pochi) e bassi (infiniti). È un percorso che ti farà tremare ogni mattina alla sola idea di affrontare il mondo, ti farà rimanere in blackout emotivo in cui non proverai nulla perché ogni emozione ti può far del male, ti farà aggrappare a delle illusioni e abbandonare strade anche importanti perché la paura ti impedirà di uscire dal quel guscio che intanto andrai costruendo.

Dire a una donna che ha subito tutto questo che è colpa sua e che se l'è cercata vuol dire riportarla con la forza a rivivere un incubo che credeva di aver superato. Dire a una donna che la violenza se l'è cercata vuol dire farle ancora violenza. E allora domando a tutte quelle persone pie e timorate di Dio con che diritto posso dire questo. Perché di una cosa sono sicura: ammesso e non concesso che Dio esista, Lui questo diritto non gliel'ha dato.

Infine, lasciatemi dire un'ultima stupidissima cosa: oggi è la festa della donna. Auguri.

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