Facciamo un gioco.
Apri l’immaginazione.
È uno di quei giorni di fine settembre in cui l’estate
scivola nel dolce abbraccio dell’autunno. Il sole scalda tiepidamente sopra di
te e tu non ti senti ancora pronto a coprirti, vedere le foglie cadere o raccogliere
castagne. Ma ormai, e questo lo sai da molti anni, le stagioni fanno il loro
dovere ed è solo una questione di giorni. Allora hai deciso di metterci un
freno, per una volta nella vita ha pensato a te e a te soltanto. Il cielo è
terso, la brezza piacevole. Non fa ancora freddo, ma non è neanche così caldo
da farti desiderare l’inerzia tipica di Ferragosto.
Hai mollato l’ufficio, preso la macchina, affrontato il
traffico delle cinque e imboccato l’autostrada, quella che conosci bene perché
nei mesi scorsi l’hai percorsa quasi tutti i fine settimana rimanendo
puntualmente imbottigliato il venerdì e la domenica sera mentre ti dicevi “Ma
chi me lo ha fatto fare? Questa è l’ultima volta!”.
Ora sei qui, con le tue scarpe ComodeMaNonTroppoSportive e il
tuo completo da ufficio, che lo guardi. Lui, così bello, così maestoso, così
unico. Lui: il Mare.
I tuoi piedi affondano leggermente nella sabbia inumidita da
qualche temporale che non è arrivato nell’entroterra, e l’acqua è
incredibilmente blu perché nessuno vi si getta sollevando sabbia e sporcandola di
quel tipico marrone. La gente è già andata via stancata da quella che, dopo tre
mesi, sembrava essere diventata routine. Non c’è il solito frastuono a cui sei
abituato.
Anche quella musica che, fino a poche settimane fa, ti
sembrava eterna, ora è dimenticata. Ricordi quel motivetto che canticchiavi di
tanto in tanto durante le tue gite in bicicletta? Quello che ti metteva
allegria perché “aveva il profumo dell’estate”? Lo ricordi ancora? No, non serve
che lo ricordi. Anzi: per essere sicuro che niente possa rovinare questa
vacanza da te stesso, fai una cosa che non fai mai e che ti procurerà un certo
numero di sensi di colpa. Spegni il telefono. Renditi irreperibile. Mostra al
mondo che può stare senza di te per un paio d’ore.
Comincia a camminare verso quel molo laggiù. Per tutta l’estate
questa è stata la tua passeggiata mattutina, quella in cui parlavi di V.I.P.,
sport e ricette di cucina. Ma ora no. Ora non hai nessuno con cui parlare. Perché
per certe cose non ci sono amici, parenti o amori che servano. Certe cose
bisogna farle da soli. Quindi ora non parlare e goditi i tuoi passi.
Li senti i gabbiani? Fino a pochi giorni fa riuscivi a
sentirli solo la mattina molto presto, quando ti svegliavano e tu ti trovavi a
odiarli anche un po’ perché avresti voluto continuare a dormire. Ora sono
laggiù e sembrano voler attaccare un branco di pesci. Ti viene anche da
sorridere pensando ai pescatori che, seduti sul molo, per tutta l’estate non
sono riusciti a prendere più di due paganelli. Quelli che si presentano sempre
con “l’esca nuova imbattibile” e che non guardano dove vanno a volare i
gabbiani. Certo perché i gabbiani hanno l’istinto governato dalla fame e non
possono permettersi il lusso dell’intelligenza per pescare. Loro sanno dove
trovare i branchi di pesce perché è giusto così.
Cammina ancora e lasciati conquistare per qualche momento dai
granchi di sabbia. Te li ricordi quando eri bambino? Ti affascinavano e ti
intimorivano allo stesso tempo. Avresti voluto poterli mettere in un acquario,
e, a dire la verità, una volta ne hai anche tenuti alcuni in un secchiello per
un paio di giorni, ma tua madre non ha mai voluto neanche che tu li toccassi. Adesso
c’è un costoso ristorante in città che li cucina in modo prelibato.
Respira. Cerca di trattenere l’aria nei tuoi polmoni più che
puoi perché questo pizzicore dato dalla salsedine, questo odore particolare,
che ricorda un po’ le reti dei pescatori, ma non così inteso da identificarlo
come “puzza”, non lo sentirai più per molti mesi. Certo, ora le giornate
diverranno brevissime e tu sarai riassorbito dalla rassicurante routine fino a
Natale, quando poi andrai in montagna e là godrai di altri odori, altri panorami,
altri sapori, altra musica assordante ed altra gente.
Ora che sei arrivato al molo guardi quei sassi enormi. Da
bambino eri convinto che essi fossero stati messi lì da una mano gigante che
aveva voluto fare un po’ di ordine, e così li aveva messi tutti in fila. Ora sai
che sono le gru dell’uomo a riporli in quel modo, ma non ci pensare: non lasciare
che la consapevolezza di adulto rovini la poesia. Non permetterlo mai. Ammirandoli
così ne scopri anche la pulizia: non ci sono più le cartacce, le bottiglie di
creme solari finite e le ciabatte rotte.
Il sole si avvicina all'orizzonte. Tra poco se ne andrà e a
casa ti aspettano per cena. Quindi affretta il passo per tornare. Presto qualcuno
ti chiederà “cosa hai fatto oggi?” e tu risponderai “Niente di particolare. Ho
lavorato come sempre.”
Ritorni alla macchia, che hai fatto pulire non più tardi di
ieri l’altro e scrolli le scarpe dalla sabbia cercando di sporcare il meno
possibile. Eccolo lì il primo senso di colpa. Ti metti al volante, allacci la
cintura, accendi il motore e sintonizzi la radio cercando disperatamente la
musica che in quel momento ti assomigli. Senza trovarla ovviamente, ma non ti
preoccupare: è normale. E poi torni a indossare la maschera che avevi
abbandonato.
Ora ascolta questa musica e chiudi gli occhi.
E immagina questa vacanza da te stesso.
Nessun commento:
Posta un commento