Oggi sono qui a chiedere sostegno a tutti per aiutare le 22
persone che fanno parte della petroliera chiamata Savina Caylyn:
Giuseppe Lubrano Lavadera,
Eugenio Bon,
primo ufficiale di coperta di Trieste
Antonio Verrecchia,
direttore di macchine di Gaeta
Crescenzo Guardascione ,
Gian Maria Cesaro,
allievo di coperta di Piano di Sorrento
Modak Mudassir Murad,
Secondo Ufficiale di coperta, indiano di Chiplun;
Puranik Rahul Arun,
Primo ufficiale di macchina, indiano di Mumbay;
Nair Hari Chandrasekharan,
Secondo ufficiale di macchina, indiano di Kottayam, Kerala;
Balakrishnan Bijesjh
Terzo ufficiale di macchina, indiano di Nambrathukara;
Kalu Ram,
Elettricista, indiano di Patauda Guragaon;
Kamalia Jentilal Kala,
Nostromo, indiano di Navabandar J.;
Tamboo Ahmed Hussein,
Pumpman (addetto alle pompe) indiano di Kondivare;
Nantumuchchu Gurunadha Rao,
primo marinaio scelto, indiano di Visakhapatnam;
Solanki Jitendrakumar Govind,
secondo marinaio scelto, indiano di Ghoghla G.;
Nevrekar Asgar Ibrahim,
terzo marinaio scelto, indiano di Chiplun R.;
Fernandes Prinson,
primo marinaio, indiano di Margao Goa;
Fazil Sheik,
secondo marinaio, indiano di Keekan Kerala;
Rabbani Ghulam,
montatore, indiano di Ballia Up;
Palav Ganesh Babaji,
Oiler (addetto alla lubrificazione macchine), indiano di Mumbai
Mulla Abrar Abdul Qadir,
Wiper (addetto alla pulizia macchine), indiano di Deorukh;
Cardozo Pascoal Michael,
Capo Cuoco, indiano di Guirdolim Goa;
Jetwa Denji Keshav,
Aiuto cuoco, cameriere, indiano di Mumbai.
Secondo Ufficiale di coperta, indiano di Chiplun;
Puranik Rahul Arun,
Primo ufficiale di macchina, indiano di Mumbay;
Nair Hari Chandrasekharan,
Secondo ufficiale di macchina, indiano di Kottayam, Kerala;
Balakrishnan Bijesjh
Terzo ufficiale di macchina, indiano di Nambrathukara;
Kalu Ram,
Elettricista, indiano di Patauda Guragaon;
Kamalia Jentilal Kala,
Nostromo, indiano di Navabandar J.;
Tamboo Ahmed Hussein,
Pumpman (addetto alle pompe) indiano di Kondivare;
Nantumuchchu Gurunadha Rao,
primo marinaio scelto, indiano di Visakhapatnam;
Solanki Jitendrakumar Govind,
secondo marinaio scelto, indiano di Ghoghla G.;
Nevrekar Asgar Ibrahim,
terzo marinaio scelto, indiano di Chiplun R.;
Fernandes Prinson,
primo marinaio, indiano di Margao Goa;
Fazil Sheik,
secondo marinaio, indiano di Keekan Kerala;
Rabbani Ghulam,
montatore, indiano di Ballia Up;
Palav Ganesh Babaji,
Oiler (addetto alla lubrificazione macchine), indiano di Mumbai
Mulla Abrar Abdul Qadir,
Wiper (addetto alla pulizia macchine), indiano di Deorukh;
Cardozo Pascoal Michael,
Capo Cuoco, indiano di Guirdolim Goa;
Jetwa Denji Keshav,
Aiuto cuoco, cameriere, indiano di Mumbai.
Questi uomini sono ostaggio
dei pirati somali dal 8 febbraio scorso. Da allora ci sono 22 famiglie che vivono
l’angoscia.
So
che ormai questa è una notizia vecchia, ma è bene che si sappia che la
situazione sta precipitando ed il tempo rimasto è davvero poco. Da otto mesi le trattative del Ministero degli
Esteri per le vie diplomatiche e di intelligence procedono, ma piuttosto
lentamente, il 20 settembre il Sottosegretario Alfredo Mantica ha dichiarato
che il governo sta facendo tutto quello che può, ma che sarebbe l’armatore, il
cav. Luigi D’Amato, in quanto proprietario della nave e del carico, ad essere l’attore
principale della vicenda. I pirati somali avrebbero chiesto un riscatto da 14
milioni di dollari e il governo avrebbe imposto il silenzio stampa, silenzio
che ormai inizia ad apparire come sinonimo di disinteresse.
Intanto
dalla sede della Compagnia Fratelli D’Amato di Napoli, fanno sapere ai
famigliari dei membri dell’equipaggio in sit in che “stanno lavorando”, ma
senza aggiungere altro.
Anche
se i pirati somali hanno dichiarato di non avere intenzione di fare del male ai
prigionieri, le condizioni di salute non sono delle migliori e i tutti sono
molto stanchi di una situazione che si protrae da troppo tempo, al punto che nei
giorni scorsi è arrivata una telefonata da parte del comandante alla moglie di
cui vi riporto le parole: «Per l’amor di Dio, aiutateti a non morire. Cara Nunzia dillo
a tutti: all’armatore e alla Farnesina. Se entro una settimana non si chiude la
trattativa, qui a bordo inizieranno le torture sistematiche di tutti i membri
dell’equipaggio. Con conseguenze tragiche. Questi ci preannunciano che ci
ammazzeranno ad uno ad uno. Santo Iddio, perché? Che male abbiamo fatto per non
essere aiutati? Siamo persone che sono andate a guadagnarsi il pane onestamente
in un tipo di lavoro duro, pieno di sacrifici, sul mare».
Le
sue sono domande giuste a cui il nostro governo deve dare una risposta quanto
prima perché non possiamo lasciarli da soli, non possiamo rimanere indifferenti
di fronte a questa tragedia. È necessario squarciare questo muro di silenzio perché
le istituzioni non li abbandonino, e
se a nulla sono valse finora le manifestazioni di piazza (cinquemila
persone in corteo a Procida che gridavano “Liberi subito!”) o le proteste
davanti a Palazzo Chigi a Roma dobbiamo comunque cercare di far sentire all’equipaggio
del Savina Caylyn e alle loro famiglie che non sono abbandonati e che vogliamo
che le autorità s’impegnino maggiormente e che questo non significa
necessariamente intraprendere una azione che si traduca in favoreggiamento
della pirateria.
Io
credo che sarete tutti con me in questa campagna. Naturalmente vi terrò
aggiornati non appena ci saranno notizie nuove. Sperando che siano solo due
parole: “sono liberi.”
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