Oggi sono di quell’umore particolare
che io chiamo “Umore The Day After”, per gli amici UTDA. L’UTDA, per me, è
quella particolare malinconia/ansia/nervoso/disillusione che mi prende quando
mi trovo in quei giorni per cui un evento atteso è finito, ma la routine deve
ancora ricominciare.
Ovviamente in questi giorni l’UTDA è
l’umore più diffuso, come sempre alla seconda settimana di gennaio. È quel
momento in cui, inevitabilmente, si fanno dei bilanci e dei progetti. Te lo
dico subito: i bilanci saranno in rosso e i progetti saranno quelli destinati
ad essere il bilancio in rosso dell’anno successivo.
Io credo sia comprensibile, in fondo,
proprio come nel famoso film del 1983 da cui mi ispiro per definire il mio
umore, siamo tutti reduci dai 15 giorni più devastanti dell’anno.
Vediamo con ordine: gli ultimi giorni
prima di Natale sono un delirio fatto di corse per i regali, chiusure annuali
di bilancio aziendale, recite scolastiche e cene con amici e colleghi.
Praticamente il procedimento di trasformazione oca da foie gras comincia intorno
all’8 dicembre per concludersi un mese dopo, quando, appunto, ci si è
trasformati tutti in oche da foie gras.
E questo è niente: per capirlo basta
analizzare l’aspetto psicologico delle abbuffate natalizie. In primo luogo bisogna
sconfiggere lo stress dovuto da tanti, troppi fattori: hai un’idea di quante
calorie si consumino durante quella pratica atletica che potrebbe essere
inserito nel novero degli sport olimpici e che va sotto il nome di “corsa ai
regali”?
Non so tu, ma io sono esperta nel raggruppare il 90% dei
regali da acquistare nella giornata del 24 dicembre e da questo ne consegue la
corsa frenetica per comprarli tutti in pochissimo tempo. Sono sincera: della
stragrande maggioranza degli acquisti non ricordo cosa sono o per chi già dal
26 dicembre. A parte le rare eccezioni in cui vedo un particolare oggetto e
decido che quello è “la cosa giusta per la persona giusta”(manco si trattasse
di una scelta vitale), perlopiù entro in una particolare fase ossessivo-compulsiva da acquisto necessario perché qualcuno abbia il suo pacchetto da
scartare.
Finita questa tortura da centro
commerciale fatta di gare per la conquista del parcheggio, corse di bighe-
carrelli senza esclusione di colpi e lotte per l’ultimo pezzo di formaggio
stagionato in confezione natalizia da prendersi con super sconto, infilo la via
di casa consapevole del fatto che mi aspetta la Cena delle Cene: la Cena della
Vigilia. Quella cena particolare in cui anche se si mangia pesce, perché è
Vigilia e non si sa mai, è comunque un’abbuffata pazzesca; del resto devo
riprendermi dalla giornata psicologicamente devastante in cui, se sono stata fortunata,
ho mangiato un panino.
A questo punto arriva il momento più
atteso: quello dello scarto dei regali. Non so perché, ma questo momento è il
più atteso da quando si è bambini. Anche quando, ormai si è adulti e i regali
sono solo un presente. A volte sono anche desiderati, a volte sono cose che non
sapevi di desiderare, ma poi sei felice di averli, altre volte ti chiedi chi
può anche solo lontanamente pensare che tu desideri un oggetto del genere. Alla
fine c’è sempre un clima di speranza disillusa.
Quando finalmente hai presenziato a
questa incombenza puoi andare a dormire …
… Per svegliarti il Giorno di Natale.
Giorno fantastico in cui arrivano quei
parenti che vedi solo un giorno all’anno. Siamo sinceri: se li vedi solo una
volta all’anno un motivo c’è.
Ora capisci perché in questi giorni
si mangia tanto? Facile: intanto perché devi recuperare le energie dallo stress
(ma chi lo ha detto che a Natale si è tutti più buoni?) e poi perché, se hai la
bocca piena, non puoi rispondere al parente bigotto di turno che sputa sentenze
non richieste. È una scelta diplomatica. Si mangia per evitare una delle faide
familiari che a Natale sono fuori luogo, per quanto più diffuse di quanto non
si creda.
Dal 26 comincia quello che io
definisco “la settimana del <<e a Capodanno cosa fai?>>” perché chiunque
tu incontri ti fa sempre la solita domanda. Tra un aperitivo e una cena con gli
amici che non sei riuscito a incontrare prima del Grande Giorno, ecco che
rispondi sempre alla solita domanda “e a capodanno cosa fai?”. Di solito io
decido cosa fare a capodanno il 30 dicembre. Chiedermelo prima è assolutamente
inutile. Una di queste volte risponderò “conto di andare a liberare
abusivamente i pinguini dallo zoo di Pistoia”.
Contemporaneamente, oltre a dover
finire gli avanzi pantagruelici del giorno di Natale e della Vigilia ben
rimpolpati perché non si può rischiare di deperire tutto in un colpo, si entra
nella fase “biscotti”, se sono fortunata me la cavo con 14 uova, considerato che
2 uova si calcolano per 4 persone fai pure i conti sul reggimento che si nutre
della mia opera. E sul tempo che mi porta via. Per fortuna: ormai sono così tanto
istituzionalizzata che se mi trovo ad avere 24 ore libere ne occupo 23 a non
fare assolutamente niente inebetita dal fatto che non sono costretta a
incastrare i nanosecondi. È una
questione di abitudine: io non sono abituata ad avere tempo libero in quantità
illimitata o in orari che non siano ben oltre al fascia protetta televisiva.
Nel frattempo passa anche l’Ultimo
dell’Anno. Quella serata particolare in cui ci si aspetta sempre che sia
memorabile e, invece, si risolve come una delle tante piacevoli serate che vivi
durante l’anno. Io ricordo un paio di capodanni abbastanza diversi dal solito,
qualcuno sufficientemente trasgressivo, ma solo uno “memorabile” in vita mia e
per i motivi peggiori. Alla fine, di solito, si trascorre una bella serata, ma
siccome ci si aspetta qualcosa di speciale, alla fine si è delusi per forza. Ovviamente,
anche in questa circostanza, ci si riempie come la valigia di una modella in
vacanza. E per il motivo di cui sopra: se hai la bocca piena non puoi
rispondere all’amicodiunamico che si sente un essere superiore. Quelli che non
sono astemi, di solito bevono, e secondo me per lo stesso motivo, finendo
bevuti come un barracuda in un fiume. Anche in questo caso si sta parlando di
diplomazia.
E finalmente arriva l’Epifania -che
tutte le feste si porta via, per fortuna!
Il bilancio è sempre abbastanza
deludente. Soprattutto adesso che sto aspettando la fine delle vacanze. Ma perché?
Cosa mi aspettavo di fare? Cosa desideravo fare? O meglio: in quale grande
avventura speravo?
Alla fine non è successo nulla di
diverso dagli altri anni. Anche i progetti sono gli stessi dell’anno scorso,
con la differenza che stavolta mi fanno quasi paura. Quindi posso immaginare
facilmente quali saranno i bilanci in rosso dell’anno prossimo. E neanche l’umore
odierno è molto diverso dagli altri anni. Sono in UTDA, appunto. Chissà, magari
è pure chic.
Il nostro capodanno è stato fantastico! 38-39 di febbre e brindisi a base di crodino bianco e tachipirina XD
RispondiEliminaBeh, fortunatamente il mio è andato molto meglio!!!
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