Ciao Italia! Mi hanno detto che oggi è un giorno importante per te perché è il tuo compleanno. So che in tanti ti hanno fatto gli auguri, persone molto più importanti di me che sono solo un nick dietro cui si nasconde una persona che non ha neanche il coraggio di mostrarsi di persona. Ma anch’io voglio farteli, anche se ti appariranno banali, anche se non sono quelli formali di un grande capo di stato. Saranno poca cosa, ma posso garantirti che sono sinceri. Molto più sinceri di tanti altri che sentirai. Voglio farteli perché tu sei il mio paese e questo significa che sei un po’ mia madre, mio padre, mia sorella, mio fratello, la mia migliore amica, il mio migliore amico, zia e cugina. Sei la casa in cui sono nata, alla faccia di quei politici che s’inventano una nuova regione geografica che non esiste e che, per lei, si permettono di non alzarsi neanche quando suonano il tuo inno e di onorare la tua bandiera, pretendendo comunque uno stipendio da te. Questa gente può dire quello che gli pare, ma tu sei parte di me. Anzi: sei parte di noi. Tutti noi.
Ma chi siamo tutti noi? In questi 150 anni quanto siamo cambiati? Penso ai Savoia. All’epoca erano i reali d’Italia e sappiamo come sono finiti: il loro ultimo erede balla il sabato sera in tv e si presenta a San Remo con una canzone di dubbio valore musicale (chissà cosa ne penserebbe Verdi?) Penso ai Mille. Erano giovani, ma, soprattutto, erano colti e benestanti. Quanti oggi nella loro condizione si comporterebbero così?
Quando eri giovane, cara Italia, avevi un sacco di speranze, la tua nascita noi la chiamiamo Risorgimento: che bella parola! Senti come suona bene: RISORGIMENTO!
Poi arrivò una guerra, una di quelle che si ricordano per un pezzo, che però ti vide vincitrice e ti fece anche crescere. Il Trentino e Trieste arrivarono in quegli anni. Pochi anni dopo cominciasti a sopportare una dittatura che ti portò a una guerra forse anche peggio della precedente. Certo che, a ben guardare, non avevi ancora un secolo di vita e già avevi tante cose da raccontare. Nel frattempo avevi anche deciso che la monarchia non era la forma di ordinamento più adatto a te. Oggi mi sono guardata qualche filmato del tuo centesimo compleanno. Eri nel pieno del boom economico e avevi un sacco di grandi speranze. La tua gente aveva voglia di riemergere dalle macerie, di lasciarsi dietro la povertà e di essere orgogliosa. E adesso?
Adesso ho come l’impressione che ti sei persa qualcosa. Sai: l’idea mi è venuta guardando un paese che si trova dall’altra parte del mondo e che in questi giorni sta vivendo la più grande catastrofe della sua storia. Il Giappone in questi giorni è devastato da terremoti, tsunami e catastrofi nucleari. Guardo le immagini alla TV e resto ammirata dalla dignità e dalla compostezza di un popolo per il quale, lo confesso, non ho mai nutrito particolare simpatia. Da loro i commercianti stanno distribuendo i beni di prima necessità gratuitamente alle persone in difficoltà perché sanno che queste, quando potranno, torneranno a saldare il loro debito. Da noi due anni fa, quando ci fu il terremoto all’Aquila, certe persone ridevano pensando a quanto avrebbero potuto guadagnare illecitamente. Possiamo davvero definirla solo differenza culturale? Io non credo. Io credo, cara Italia, che hai proprio perso gran parte di quella dignità che anni addietro ti aveva fatto grande.
In questi giorni, poi, non c’è solo la tragedia del Giappone che mi fa guardare il resto del mondo e preoccupare per te. C’è anche la tragedia del Medio Oriente e del Mediterraneo, dove altri popoli stanno cercando disperatamente di avere il loro risorgimento. Da questa tragedia molti disperati sbarcano sulle tue coste bisognose di aiuto. Capisco la tua preoccupazione circa il come farli a gestire. Ma ti prego: non dimenticare che buona parte della tua fortuna la devi proprio a quei tuoi figli che sono partiti e che ti hanno dato ricchezza. Neanche loro si sono integrati mai fino in fondo, legati com’erano a te: pensa a quante Little Italy ci sono nel mondo. Pensa a come gli antichi romani, tuoi antenati, sapevano assorbire la cultura altrui e diventare grandi. Sai, cara Italia, ti preoccupi tanto degli stranieri che decidono di abitarti, e non ti preoccupi affatto dei tuoi figli che ti lasciano: l’anno scorso sono stati sessantamila. Sessantamila persone che non ti trovano più un bel posto dove vivere. Ti rendi conto di quanto questo sia una sconfitta per te? Ti prego, cara Italia, non dimenticare il tuo passato, e, soprattutto, non dimenticare che hai un futuro.
Sin da quando sono bambina, mi hanno insegnato che la tua terra, cara Italia, è povera di materie prime. Sai che con questa idea io non sono d’accordo? Tu sei ricchissima di una materia prima che è la più preziosa che si possa trovare in natura, ma che tu regali grezza agli altri paesi per poi comprarla elaborata a un prezzo altissimo. Questa materia prima si chiama INTELLIGENZA. Adesso questo filone, così vasto e ricco, si sta esaurendo.
Ma ci pensi? Nel corso dei secoli, già da quando eri ancora un’idea, hai insegnato l’Arte al mondo e adesso lasci che le tue opere meravigliose cadano nel degrado. Sei la patria di Fellini, Monicelli, Pirandello e Eduardo e adesso ti ritrovi con i cinepanettoni a mantenere il cinema di qualità e i comici di Zelig a riempire i teatri facendo pagare il biglietto anche per quando i Grandi vanno in scena davanti a platee desolate. Puoi vantare un numero di premi Nobel incredibile viste le tue dimensioni, ma le ricerche di questi Nobel sono state fatte altrove perché qui da te pare che i soldi non siano mai.
Ti prego, cara Italia, non ti far fregare dall’ingordigia: la tua vera grande ricchezza è nella testa e nel cuore di chi ti vive, non sprecare questo bene prezioso! Ancora oggi, come nel passato, nel mondo ci sono persone che muoiono nel tuo nome: non sprecare il loro sacrificio perdendoti nei sabati pomeriggio all’outlet. Non pensare che tu sia solo un’equazione di bilancio, perché la gente che ti vive e ti muore si merita molto di più. I tuoi antenati sono stati i dominatori del mondo, non ti accontentare di vivere solo di antichi fasti perché anche questi li perderai se non conservi la tua identità e diventerai solo un piccolo stato schiavo, di altre culture avendo rinunciato alla tua.
Fatti un bel regalo Italia: riprenditi la tua dignità. Te la meriti.